Rodolfo Donaggio

ID 13755

Trieste, 1844
Tipografo, garibaldino

Al suo ritorno, nel 1867 abbozzò un diario di memorie della guerra; nel 1889 ultima il diario aggiungendo considerazioni sull'amico Enrico Ferolli, morto a Roma nel lanificio Ajani.
Nella primavera del 1866, Donaggio, grazie a una lettera di invito scritta appositamente da un amico di Firenze, riesce ad uscire dal Friuli e a raggiungere la capitale. Una volta a Firenze entra in contatto con Enrico Ferolli, appena giunto da Roma e Giuseppe Dolfi, amico di Garibaldi. Il 26 maggio 1866 si arruola nel Corpo Volontari Italiani al seguito di Garibaldi per la liberazione del Tirolo, occupato dagli austriaci. Viene incorporato nel 6° Reggimento, 4° Battaglione, 23^ Compagnia, insieme al compagno d'arte, Enrico Ferolli (stesso Reggimento e Battaglione ma 24^ Compagnia). Rodolfo affronta il viaggio in treno verso il centro di arruolamento di Bari con i compagni volontari. Dal suo diario si riportano alcuni momenti salienti della battaglia e della sua prigionia:

«Varcato un monte si arrivò alle nove di sera a Riva […] Per arrivare a Trento si marciò una ventina di ore in due giornate […] un'ondata di popolo come irrompente fiumana invase il recinto (intorno alla stazione) alcuni diedero nascostamente dei sigari e altri doni. Giunta l'ora della partenza i trentini li salutarono silenziosamente agitando cappelli e pezzuole (c'era l'ordine severissimo di non proferire parola) mentre i garibaldini urlarono a squarciagola “Viva l'Italia, Viva Garibaldi!».

«Ma dove si andava? Finalmerite si seppe che sarebbero finiti in Croazia. Dìfatti dopo innumerevoli fermate giunsero a Zagabria, dove ricevettero cinque pani a testa, tanto cattivi che li vendettero poi a Sissek...Chiusi poi a chiave dormirono al buio, ma le prime notti furono disturbati
dalle grida che si scambiavano le sentinelle. Il rancio se lo facevano da loro: si andava a fare la compera dèi viveri nel paese vicino, per turno e sotto scorta. I contadini confinuavano a vendere dell'ottimo burro, prugne e del pessimo pane. Era proibito di uscire dal recinto, ma pure di
quando in quando si riusciva a evadere coll'aiuto delle famiglie dei contadini, che dimostravano simpatia verso i prigionieri. Per iscacciar la noia estenuante un vecchio volontario di nome Emilio Fontana, il quale agiva in una compagnia equestre, buonissimo uomo allegro e ingegnoso, col quale il Donaggio sin da principio aveva contratto dimestichezza, ebbe l'idea di fabbricare delle carte da giuoco, e il Donaggio lo aiutò».

Dopo la liberazione Donaggio scrive:
«Arrivati a Brescia si andò a riposare in una chiesa. Prima cura del Donaggio fu d'informarsi sullo stato dell 'amico Enrico Ferolli: avuta notizia che si trovava all'ospedale ferito a una spalla, corse di filato da lui e lo trovò molto sofferente. Tuttavia gli raccontò le sue vicende. A Brescia seppe pure l'esito della battaglia di Bezzecca: vi restò ferito gravemente il triestino Luigi Chiazza, che morì pochi giorni dopo, assistito dal concittadino e compagno d'arme Bortolo Vodopìvez, conosciutissimo come valente floricoltore, socio sino al 1866 della ditta Antonio Maron.»

«Il Donaggio divisò di far ritorno a Firenze, dove fu accolto paternamente dal suo principale, che gli procurò lavoro ed ogni assistenza. Qui ven neanche a saper di essere stato fregiato della medaglia di bronzo al valor militare. E dopo un anno dalla partenza egli era nuovamente di ritorno a
Trieste».

 

Sticotti Piero, Dal diario di un garibaldino, in La porta orientale. Rivista di politica, Studi sulla guerra, Problemi giuliani e dalmati, Anno XI, N. 1-2, Gennaio-Febbraio 1941, Società Editrice Volontari e Mutilati, Trieste, pp. 15-33.